21 Novembre 2024

01. LA VIA CINESE AL SOCIALISMO

«Nel nostro paese, la lotta per il consolidamento del regime socialista, la lotta che deciderà del socialismo o del capitalismo, si svilupperà ancora durante un lungo periodo storico. Ma noi dobbiamo renderci conto che il nuovo regime socialista si consoliderà infallibilmente. È certo che noi possiamo edificare un paese socialista dotato di un'industria, di un'agricoltura, di una scienza e di una cultura moderne».
(Mao Tse-tung, da Intervento alla conferenza nazionale del
Partito comunista cinese sul lavoro di propaganda
, 12 marzo 1957)
Un'ulteriore introduzione, di taglio maggiormente politico, si impone per la difficoltà riscontrata a parlare pacatamente di Cina negli ambienti progressisti. L'impostazione generale del seguente capitolo tenderà ad approfondire e problematizzare la seguente presentazione, svolta nel 2015 nel lavoro Introduzione a marxismo, socialismo, comunismo2:
«Il tema della via cinese al socialismo rappresenta parallelismi sorprendenti con i primi anni di vita dell'URSS, anche se con tempistiche e caratteristiche molto differenti. Dalla rivoluzione guidata da Mao, che fondò la Repubblica Popolare Cinese nel 1949, il paese si è molto trasformato. Se in un primo momento lo sviluppo della Cina maoista si è retto sull’eroismo rivoluzionario, successivamente la crescita è calata fino ad arrivare ad una socializzazione sì, ma della miseria. Con le riforme di Deng Xiaoping (fine anni '70) che introducono elementi di mercato in un paese in cui il controllo politico è mantenuto saldamente dai comunisti (i capitalisti in Cina sono impossibilitati ad organizzarsi come “classe per sé” e molti di loro delocalizzerebbero volentieri la produzione se non fosse per il controllo che il governo comunista esercita sui capitali), la Cina è tornata finalmente a crescere fino a diventare la potenza attuale. Questo distaccarsi dalla povertà però, a causa del socialismo (di “mercato”) con caratteristiche cinesi, porta a diseguaglianze e contraddizioni nel popolo, in cui c’è una parte che si arricchisce a ritmo veloce ed un’altra invece molto più lentamente. Si tratta di diseguaglianze necessarie (e temporanee) per far uscire l’intera popolazione dalla povertà (anche se a ritmi diversi) e garantire una reale emancipazione delle masse cinesi rispetto al resto del mondo. Lenin stesso d'altronde, era perfettamente consapevole quando faceva ricorso al capitalismo di stato, che ciò avrebbe comportato sì una crescita complessiva della ricchezza prodotta, ma anche delle diseguaglianze sociali: “L'ineguaglianza dello sviluppo economico e politico è una legge assoluta del capitalismo”. Deng infatti ha sottolineato che il compito della Cina non è costruire il socialismo come equa distribuzione della miseria (i comunisti non sono una sorta di francescani della politica!), ma come eliminazione della miseria tramite lo sviluppo delle forze produttive. Riprendendo Marx, anche i dirigenti comunisti cinesi rifuggono da un’interpretazione del socialismo come un ascetismo universale e un rozzo egualitarismo. A giustificare l’inserimento di elementi di mercato pur di far crescere il paese, Deng afferma molto pragmaticamente che “non importa se il gatto sia nero o bianco, purché acchiappi i topi”. Il topo da acchiappare è la lotta contro la povertà, anche a costo di introdurre delle diseguaglianze temporanee (che però sono in secondo piano rispetto alla necessità dell’indipendenza economica dall’imperialismo). Molti, anche a sinistra, considerano la Cina uno Stato capitalista. In realtà gli stessi compagni cinesi si considerano un paese in via di sviluppo che opera nella fase primordiale dell’edificazione del socialismo. È grazie alla loro scelta strategica che oggi la Cina popolare è sopravvissuta al crollo del blocco sovietico. Pur inserendo elementi di mercato in un’economia socialista, il governo comunista mantiene i settori strategici dell’economia in mano pubblica ed opera con attenzione per uno sviluppo sociale il più possibile controllato e per limitare l’impatto ambientale. In Cina si assiste a graduali aumenti di salario e di controlli sindacali. La povertà rimane ma è diminuita enormemente: solo una trentina di anni fa i poveri erano ben più del 60% della popolazione. La Cina è diventata una grande potenza grazie alla cooperazione e non con l’uso delle armi e delle aggressioni imperialiste come è consuetudine in Occidente. La Cina detiene una parte importante del debito pubblico statunitense. Nel novembre del 2001 la Cina è ammessa nel WTO (organizzazione mondiale del commercio), mentre nella fine del 2014 l’economia cinese supera quella degli USA, diventando la prima potenza commerciale al mondo (contemporaneamente l’India sorpassa Giappone e Germania). La Repubblica Popolare Cinese ha anche avviato collaborazioni strategiche per lo sviluppo dell’Africa, permettendo al continente nero di smarcarsi dalle politiche imperialiste e guerrafondaie. Cerchiamo ora di andare a presentare con maggiore profondità alcuni nodi fondamentali di questa Storia».
2. A. Pascale & F. Di Schiena, Introduzione teorica a Marxismo, Socialismo e Comunismo, cit.

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