06.1. IL NESSO INSCINDIBILE TRA ANTIFASCISMO E ANTICAPITALISMO
Merita attenzione il seguente passo tratto da Cinque difficoltà per chi scrive la verità15:
«La verità deve essere detta per trarne determinate conclusioni circa il proprio comportamento. Quale esempio di una verità da cui non si possono trarre conclusioni, o soltanto conclusioni sbagliate, ci può servire l'opinione largamente diffusa secondo la quale le condizioni deplorevoli in cui versano certi paesi derivano dalla barbarie. Tale opinione vede nel fascismo un'ondata di barbarie che si è abbattuta su certi paesi come una catastrofe naturale. Secondo tale opinione il fascismo sarebbe una nuova terza forza accanto al capitalismo e al socialismo (e al di sopra di essi); secondo essa, non solo il movimento socialista ma anche il capitalismo avrebbe potuto continuare ad esistere senza il fascismo, ecc. Questa naturalmente è una affermazione fascista, una capitolazione dinanzi al fascismo. Il fascismo è una fase storica in cui è entrato il capitalismo, si tratta quindi di un qualcosa di nuovo, e di vecchio allo stesso tempo. Nei paesi fascisti il capitalismo non esiste se non come fascismo e il fascismo non può essere combattuto se non come capitalismo, come la forma più nuda, più sfacciata, più oppressiva e ingannevole di capitalismo. Come è possibile che uno pretenda di dire la verità sul fascismo - del quale è avversario - se pretende di non dire niente contro il capitalismo che lo genera? Come è possibile che la sua verità risulti praticamente applicabile? Coloro che sono contro il fascismo senza essere contro il capitalismo, che si lamentano della barbarie che proviene dalla barbarie, sono simili a gente che voglia mangiare la sua parte di vitello senza però che il vitello venga scannato. Vogliono mangiare il vitello, ma il sangue non lo vogliono vedere. Per soddisfarli basta che il macellaio si lavi le mani prima di servire la carne in tavola. Non sono contro i rapporti di proprietà che generano la barbarie, ma soltanto contro la barbarie. Alzano la voce contro la barbarie e lo fanno in paesi in cui esistono bensì gli stessi rapporti di proprietà, ma i macellai si lavano ancora le mani prima di servire la carne in tavola. Le sonanti accuse contro certi provvedimenti barbarici possono avere efficacia per breve tempo, finché coloro che le odono siano convinti che nei loro paesi provvedimenti del genere non siano possibili. Certi paesi sono ancora in grado di mantenere i loro rapporti di proprietà con mezzi meno brutali che non altri. La democrazia rende loro ancora quei servigi per i quali gli altri sono costretti a far ricorso alla violenza; garantisce cioè la proprietà dei mezzi di produzione. Il monopolio sulle fabbriche, le miniere, le terre genera ovunque condizioni barbariche; tuttavia qui esse sono meno evidenti. La barbarie diviene evidente non appena per proteggere il monopolio si rende necessario far ricorso alla violenza aperta. […] Anche i discorsi sulla barbarie generata dalla barbarie sono della medesima lega. A sentirli, la barbarie proviene dalla barbarie e sparisce con la civiltà che proviene dall'istruzione. Tutto ciò viene espresso in termini assolutamente generici, non in vista di conclusioni da trarne per l'azione e in fondo non è rivolto a nessuno in particolare. Un simile modo di raffigurare le cose mette in luce solo pochi anelli della catena causale e presenta certe forze motrici come forze incontrollabili. Un simile modo di raffigurare le cose contiene in sé molti lati oscuri i quali nascondono le forze che stanno preparando le catastrofi. Basta un po' di luce perché si veda che all'origine delle catastrofi ci sono degli uomini! Infatti, noi viviamo in un'epoca in cui il destino dell'uomo è l'uomo. […] Chi vuole descrivere il fascismo e la guerra, grandi catastrofi che non sono catastrofi naturali, deve costruire una verità suscettibile di essere tradotta in pratica. Deve dimostrare che si tratta di catastrofi a danno delle enormi masse di coloro che lavorano senza possedere mezzi di produzione propri, provocate dai proprietari di tali mezzi di produzione».
15. B. Brecht, Cinque difficoltà per chi scrive la verità, Nuovopci.it, 1934.